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Camillo Guglielmo Bianchi

 Organo San Lorenzo Genova

Abbiamo parlato in passato di Camillo Guglielmo Bianchi, e lo abbiamo definito come l'ultimo esponente dell'organaria classica italiana prima dell'avvento della Riforma. Questo perchè nel 1890, anno della sua morte, avvenuta proprio mentre stava ultimando un suo organo nella Cattedrale di San Lorenzo a Genova (foto sopra), nella stessa città l'inglese Trice installava, nella Basilica dell'Immacolata, uno dei primi strumenti riformati italiani.In questa trattazione vogliamo vedere un poco più da vicino questa figura importante della storia dell'organo italiano.

Camillo Guglielmo Bianchi nasce a Lodi nell'ottobre del 1821. Fin da ragazzo manifesta passione per l'arte organaria ed entra come apprendista alla bottega dei Serassi, contribuendo alla costruzione di numerosi dei loro organi. Ben presto assimila l'arte e nel 1848, quando i Serassi costruiscono a Novi Ligure il grandioso strumento della Collegiata, proprio in questa città egli incontra l'anima gemella, si sposa, vi si stabilisce e fonda una sua fabbrica di organi.
Durante i quarantadue anni di attività, Camillo Guglielmo Bianchi realizzò un'ottantina di lavori, tra cui una sessantina di strumenti nuovi ed una ventina di restauri di organi preesistenti. L'area di influenza di Bianchi interessò soprattutto il Basso Piemonte e la Liguria, ma alcuni strumenti gli furono commissionati anche dal vercellese e dal torinese e, addirittura, un suo organo lo realizzò per la chiesa di S.Pietro di Galata ad Istanbul, in Turchia.
Dal suo matrimonio, Camillo Guglielmo Bianchi avrà tre figlie, e questo -come d'uso in quei tempi- non gli consentirà, alla morte, avvenuta il 7 dicembre 1890, di poter dare continuità ereditaria all'attività, che d'altra parte cominciava già a risentire dell'arrivo della Riforma organaria.
La fabbrica passa quindi al suo capofabbrica, Domenico Tagliafico, il quale cerca di proseguirla unitamente ad altri ex lavoranti, Edoardo Gambarotta, Paolo Percivale, Francesco Bagnasco ed Edoardo Negri.
Costoro provvedono all'ultimazione di alcuni strumenti già iniziati dal Bianchi e realizzano anche diversi strumenti nuovi. Ben presto, però, dovranno lasciare il campo ai nuovi organari riformisti.

L'attività di Camillo Guglielmo Bianchi è degna di nota poichè rappresenta il punto focale di quella crisi dell'organo che porterà la Riforma ad imperare in Italia per quasi mezzo secolo. Bianchi fu infatti un rigorosissimo paladino della tradizione classica italiana, addirittura si dimostrò più radicale dei Serassi, rifiutandosi di inserire nei suoi strumenti alcune novità tecniche che egli pur conosceva bene e di cui fu anche ideatore.
Profondo conoscitore degli organi d'oltralpe, Bianchi ideò, assieme a Pier Costantino Remondini, noto musicologo genovese, un nuovo tipo di pedaliera di ventisette note, la cui forma ricordava di molto le attuali pedaliere radiali-concave. A lui vengono pure attribuite le realizzazioni di nuovi dispositivi meccanici per l'unione dei registri e delle tastiere. Nessuno di questi dispositivi, però, fu mai installato sui suoi strumenti. Le pedaliere dei suoi strumenti sono, rigorosamente, a leggìo, di 16 tasti (o anche meno), ritornellanti alla prima ottava, così come le composizioni foniche dei suoi organi sono rigorosissime e rispecchiano, senza indulgenze di alcun genere, le caratteristiche classiche dell'organo italiano dei secoli precedenti.

Questo rigore, che da una parte lo rende meritorio di considerazione per avere contribuito a mantenere viva la tradizione organaria classica italiana in un periodo assai turbolento e confuso, gli ha anche permesso, però, e senza che nessuno glielo impedisse, di rovinare irrimediabilmente alcuni strumenti di altri organari esteri che erano stati costruiti in Italia nei secoli precedenti. Due esempi eclatanti dei disastrosi effetti di questa intransigenza estetica sono a Genova, il primo nella chiesa del Gesù ed il secondo nella Basilica di N.S. Assunta in Carignano.

 Organo Herman di Genova

In entrambi i casi erano presenti magnifici organi di stile fiammingo, costruiti da Willem Hermans tra il 1650 ed il 1660 su tre tastiere e pedaliera estesa, con disposizioni foniche interessantissime e tipicamente nordiche. Bianchi, in questi casi, ridusse gli strumenti a due sole tastiere e li dotò della sua pedaliera ridotta, modificando abbondantemente anche le timbriche ed i registri, facendoci perdere per sempre due organi di enorme valore storico ed artistico. Sotto questo punto di vista, Bianchi non fu da meno dei riformisti radicali ed ottusi che gli succedettero e che gran nocumento arrecarono ad un organo italiano, che di tutto aveva bisogno fuorchè di questi eccessi reazionari da una parte e rivoluzionari dall'altra.

Con la sua morte, Bianchi portò con sè nella tomba quasi due secoli di organo classico italiano, lasciando aperto un varco in cui si infilarono i riformisti. Alcuni di costoro furono guidati da una discreta dose di buonsenso e contribuirono ad una notevole crescita dell'organo italiano sotto il punto di vista della tecnica e della meccanica. Molti altri lasciarono gli scrupoli nel cassetto, ed i risultati furono abbastanza disastrosi.
Da tutto questo, e dalla seguente Conferenza Organaria di Trento, l'organo italiano non ne uscì molto bene, e dobbiamo dire che ancora oggi risente pesantemente di questi rivolgimenti. Non c'è controprova, ma molto probabilmente se Bianchi avesse avuto una discendenza artigiana di altro valore e livello, il movimento riformista si sarebbe forse sviluppato in modo meno radicale e distruttivo.