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Passato, presente e futuro - Prima parte

"Dove va l'organo?". Questa domanda, che potrebbe sembrare oziosa o retorica per gli addetti ai lavori, sta punzecchiando chi scrive già da qualche decennio, e non solo per ciò che riguarda l'organo italiano, ma generalmente per tutto il panorama organario ed organistico internazionale o, come è molto trendy dire oggi, globale.
Lasciando da parte il panorama puramente organistico, che dopo l'esaurimento dell'esperienza sperimentale-contemporanea tedesca degli anni Sessanta-Settanta del secolo scorso, non presenta più alcunchè di autenticamente nuovo e, anzi, denota sensibili cristallizzazioni sul neoclassicismo e sul postromanticismo, ci occuperemo dell'aspetto organario del problema, cercando dapprima di delineare, per quel poco che ce lo permettono le nostre modeste conoscenze, un quadro complessivo della situazione e di trarre qualche conclusione.
Vedremo quindi di occuparci delle grandi scuole e tradizioni organarie europee che hanno costruito la storia dell'organo mondiale, dicendo subito che tutte, nonostante abbiano subìto, soprattutto nel corso degli ultimi trecento anni, diverse esperienze talora anche traumatiche, oggi hanno ben chiaro il principio che l'organo moderno non può esistere a prescindere dalla tradizione classica, tradizione che può essere interpretata, adattata, evoluta, ma mai dimenticata.
Analogamente, bisogna anche sottolineare come ogni scuola organaria abbia, da una quarantina d'anni a questa parte, abbandonato quel procedimento evolutivo riguardante le foniche e le timbriche che aveva portato, tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, alla creazione di nuovi registri ed al perfezionamento sempre più raffinato delle tecniche di costruzione delle canne e dei metodi di intonazione. Di pari passo, inoltre, si è potuto assistere, a causa della riscoperta delle sonorità classiche, al progressivo abbandono di queste sonorità nuove, perlopiù di tipo squisitamente orchestrale e coloristico, che sopravvivono invece -e molto bene- negli organi da teatro. Scorrendo le disposizioni foniche degli organi "da chiesa" odierni, possiamo tranquillamente affermare che l'unico registro che rimane in trincea a difendere la categoria dei "coloristici" è la Voce Celeste, che non manca quasi praticamente mai, neppure negli organi di piccole dimensioni.
Ma non bisogna neppure dimenticare come ogni tradizione organaria sia passata ed abbia risentito della Storia (con la esse maiuscola), subendone le vicissitudini, talora in modo anche molto pesante. Sotto questo punto di vista possiamo dire che l'organo francese e quello tedesco hanno pagato i prezzi più alti.

L'organo francese classico, splendido nei suoi Grands Jeux, rutilante nei suoi Cornets, maestoso nei suoi Pleins Jeux e fiammeggiante nelle sue Chamades e nelle sue Bombardes, è passato dapprima sotto la mannaia della Rivoluzione, che ha visto la distruzione -del tutto gratuita- di una notevole parte dei suoi strumenti per il solo fatto di essere sistemati dentro le chiese, mentre quelli che vennero risparmiati lo furono grazie all'opera di organisti che, trasformatesi la chiese in sale per i festeggiamenti popolari repubblicani, si adattarono a suonare balli popolari e variazioni -peraltro splendide- de La Marsigliese e delle più note Marce rivoluzionarie dapprima e napoleoniche poi.
La restaurazione pose fine a queste vicissitudini, ma, parafrasando un detto romanesco ed adattandolo alla situazione francese, potremmo affermare che "ciò che non fecero i Girondini lo fecero i Cavaillé-Coll.". Ovviamente questa frase, che potrebbe creare fastidio ai cultori dell'organo francese romantico, è solo una semplificazione di una situazione abbastanza complessa che investì il mondo organario europeo. Ciò non toglie che il grande Cavaillé-Coll, proponendo i suoi strumenti assolutamente innovativi non tanto per le foniche (che sostanzialmente rimasero quelle degli organi precedenti adeguatamente riviste, corrette, adeguate ed integrate da nuovi registri di tipo più spiccatamente sinfonico), quanto per le tecniche costruttive (che grazie all'utilizzo della Machine Barker e di una serie di splendide e per quel tempo avveniristiche innovazioni, fecero di questo organaro il capostipite dell'organaria moderna europea), se da una parte diede il via ad una nuova, grandiosa era dell'organaria transalpina, dall'altra cambiò faccia alla maggior parte degli organi classici che si erano salvati dalla Rivoluzione e dal periodo Napoleonico, riducendone il numero, già esiguo, in modo drastico. Si può a questo proposito agevolmente affermare che gli strumenti classici che rimasero intatti furono quelli delle chiese che non ebbero i soldi per permettersi un nuovo organo.
La riscoperta delle sonorità e degli strumenti classici, che in Francia avvenne verso gli anni Cinquanta del Novecento, portò ad una diversificazione degli orientamenti costruttivi. Da una parte i cultori di una filologia essenziale e di un ritorno tout-court al classico si rifanno al testo sacro L'Art du Facteur d'Orgues, scritto tra il 1766 ed il 1778 dal monaco benedettino Dom François Bedos de Celles, ed il loro movimento propone organi costruiti seguendo precisamente e senza alcuna concessione alla modernità le regole di questo trattato, che rappresenta sicuramente una delle fonti documentaristiche teorico-pratiche più complete ed esaurienti dell'organaria francese classica. Un'altra corrente di pensiero, invece, pur riprendendo a base dell'organo francese le foniche e le timbriche classiche, le mutua con una visione che tiene anche in debito conto i 250 anni che sono ormai trascorsi da quando Dom Bedos scrisse la sua opera. Gli strumenti che escono dagli ateliers di questi organari presentano disposizioni foniche che si basano fortemente sulle timbriche classiche ma che integrano anche una giusta presenza di sonorità più squisitamente sinfonico-romantiche, senza disdegnare di utilizzare anche tutte le innovazioni tecniche e meccaniche che possono rendere l'utilizzo dell'organo più agevole, come ad esempio le trasmissioni miste, l'uso dell'elettronica per la gestione delle combinazioni ed altro. E' anche da sottolineare il fatto che nel campo dell'informatica applicata all'organo la Francia ha negli ultimi decenni speso molte energie e realizzato diversi progetti anche interessanti, tra i quali un innovativo sistema per rendere "espressivo" l'organo sulla base della forza con cui si premono i tasti.

Il discorso si fa diverso se diamo un'occhiata alla Germania. E' noto che l'evoluzione dell'organo classico tedesco ha seguito, anche per il diverso tipo di musica che vi si eseguiva, canoni diversi rispetto a quello francese e, diremmo, la differenza più sostanziale, oltre che nelle timbriche di diversa ispirazione, sta nella pedaliera, già allora molto estesa, ricca di sonorità proprie e perfettamente adatta per l'esecuzione della musica contrappuntistica.
Ma anche in Germania la seconda metà dell'Ottocento rappresenta un'evoluzione molto serrata verso la modernità. Sono i grandi organari tedeschi che a cavallo tra l'Ottocento ed il Novecento perfezionano i dispositivi trasmissivi più sofisticati, introducono l'applicazione dell'elettricità in modo efficace e capillare e si dedicano allo studio ed alla creazione di nuove sonorità, creando registri sempre più potenti e sempre più raffinati, sonorità che ben presto verranno riprese ed adottate negli organi di mezza Europa. In questo periodo, sicuramente, l'organaria germanica è all'avanguardia e rappresenta il momento di maggiore spinta verso la modernizzazione dell'organo. Ma è anche nella prima metà del Novecento che a questo movimento iperinnovatore si affianca quello che sarà il primo movimento filologico organario europeo, da cui trarranno origine tutte le altre iniziative filologiche, l'Orgelbewegung, che va alla riscoperta degli antichi organi classici tedeschi, li studia e li ripropone come esempio per un'organaria più aderente alla tradizione ed alla storia. In questo panorama ricco di fermento, il primo Novecento tedesco è sicuramente il periodo di maggiore sviluppo organario, dove a strumenti colossali, ricchi di timbriche elaborate e di innovazioni tecniche sorprendenti, si affiancano i primi tentativi di recupero della personalità classica, con la costruzione di piccoli strumenti che si ispirano, questa volta, alle indicazioni di quel Michael Praetorius che tra il 1614 ed il 1620 aveva tracciato nei tre volumi del suo Syntagma Musicum le indicazioni relative alla costruzione degli organi, arricchendole, per buona misura, anche con le indicazioni pratiche per una corretta esecuzione della musica organistica del suo tempo.
Con l'avvento del Nazismo venne privilegiata -e spesso imposta- dal Regime la costruzione di organi il più possibile grandi, ridondanti, magniloquenti e sofisticati, che dovevano servire anch'essi alla propaganda del Terzo Reich e che in effetti rappresentavano quello che di meglio offriva la moderna organaria europea di quell'epoca (ma negli Stati Uniti, come vederemo, già si era andati molto più avanti).
Ma la Storia, come abbiamo detto, presentava il conto e così, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, dopo i bombardamenti a tappeto alleati che rasero al suolo le principali città tedesche e con esse anche tutte le chiese, il patrimonio organario germanico era ridotto pressochè a zero. Nulla rimaneva più dei grandiosi organi dell'Ottocento, così come nulla rimaneva di strumenti storici di importanza fondamentale (due esempi per tutti: l'organo della Marienkirche di Lubecca, dove il giovane Bach aveva suonato sotto la guida del grande Buxtehude e l'organo della Frauenkirche di Dresda, ricostruito insieme alla chiesa solamente l'anno scorso).
In questo panorama desolato e desolante, l'organaria tedesca è stata senz'altro quella che più si è distinta in un'opera di ripresa e di rifondazione. Se negli Anni Cinquanta e Sessanta del Novecento si indulgeva ancora nella costruzione di strumenti di stampo e caratteristiche fonico-timbriche postromantiche, anche se costantemente mutuate con i principi dell'Orgelbewegung (Hauptorgel della Marienkirche di Lubecca, Querhausorgel del Duomo di Colonia, Marienorgel dell'Abbazia di Ottobeuren, ecc.), a partire dagli Anni Settanta l'organaria germanica si è orientata verso due filoni principali di attività. La prima è la conservazione accurata del patrimonio organario rimasto, senza fare distinzione tra strumenti antichi e moderni. Alcune prestigiose testimonianze di questa assidua attività di restauro assolutamente filologico sono rappresentate dai due Riepp costruiti nel 1766 per l'Abbazia di Ottobeuren, il Gabler 1734 di Ochsenhausen ed i due Sauer (1889 e 1905) della Thomaskirche di Lipsia e del Duomo di Berlino.
Il secondo indirizzo riguarda gli organi di nuova costruzione. Sotto questo punto di vista le idee sono ormai molto chiare e precise. In prima linea ci stanno i principi fondanti dell'Orgelbewegung, che mettono alla base dell'organo tedesco le sonorità classiche basate sul Blockwerk e sulle mutazioni semplici e composte che caratterizzavano i grandiosi storici strumenti barocchi, alle quali sono affiancate, con la dovuta moderazione, alcune foniche di carattere più tardoromantico che rendano l'organo tedesco adeguato testimone di tutta la sua storia e della sua evoluzione. Un particolare cenno, in questo senso, va destinato alla tecnica delle trasmissioni, che fruisce ed utilizza tutte le più moderne innovazioni tecnologiche elettroniche e computerizzate, affiancandosi splendidamente alle sonorità classiche e barocche. L'organo-tipo dell'odierna organaria germanica presenta la trasmissione delle tastiere rigorosamente meccanica, in modo da esaltare le caratteristiche di tocco e di fraseggio, affiancata da sistemi misti di azionamento dei registri e di utilizzo delle combinazioni assolutamente innovative; sempre più spesso, poi, gli organari prevedono anche la possibilità di disabilitare i sistemi elettronici, in modo da poter rendere gli strumenti, all'occorrenza, totalmente e solamente meccanici.