Nella puntata precedente abbiamo passato in rassegna le situazioni organarie della Francia e della Germania, analizzandone per sommi capi le vicende storiche e cercando di tirare un poco le somme per il presente ed il futuro. Per rendere completo il panorama ci rimangono da vedere la situazione iberica, quella anglosassone e poi dovremo andare a vedere cosa è successo e come stanno le cose in casa nostra.
L'Organo iberico (che tale si ritrova anche in tutti i Paesi dell'America Latina a suo tempo colonizzati da Spagna e Portogallo), è forse l'unico che non ha risentito durante la sua storia di grandi rivolgimenti nè cambiamenti. Le foniche sono sempre state caratterizzate fortemente da un'impronta del tutto particolare che si ripresenta anche negli strumenti di oggi e che vede nei registri ad ancia posti in orizzontale al di fuori della cassa il suo aspetto più "scenografico" ed al tempo stesso più importante della tavolozza timbrica di questi strumenti, che nelle ancie e nei cornetti mantiene pressochè inalterato il retaggio di una tradizione organaria pluricentenaria. Un altro importante aspetto dell'organo iberico è stato il massiccio utilizzo dei registri spezzati, caratteristica poi ripresa anche nell'organo italiano dell'Ottocento, che consente, ad esempio, di utilizzare una sola tastiera per "cantare" una linea melodica con registri solistici e di accompagnarla con registri di altro tipo.
E' da dire (strano ma vero) che anche l'organo spagnolo dovette subire una discreta offensiva da parte di Cavaillé-Coll, il quale durante la sua attività realizzò alcuni importanti strumenti in Spagna (ed anche in America Latina), senza peraltro tentare di imporre timbriche spiccatamente "francofone" e, anzi, spesso adottando registri di tipica ispirazione spagnola i quali, unitamente alle novità tecniche e trasmissive che egli introdusse, produssero una transizione "morbida" che portò l'organo spagnolo dalla sua impronta "classica" a quello che oggi rappresenta uno splendidio esempio di come si possano costruire strumenti moderni e dotati di ogni accorgimento tecnico coniugati con una tradizione timbrica quasi millenaria senza travisarne i canoni ma anche rendendoli adatti all'esecuzione della più ampia letteratura organistica internazionale.
Il percorso stilistico ed artistico dell'organo spagnolo è forse quello che più si è dipanato in maniera organica e razionale e possiamo tranquillamente affermare che l'organaria iberica di oggi, pur non presentando particolari spunti di eccellenza tecnologica, è forse quella che più è rimasta fedele ai suoi principi timbrico-fonici.
Altrettanto non si può dire, però, dell'organo anglosassone (ma che dovremmo denominare dapprima "inglese" e poi "anglo-statunitense"). Se teniamo conto del fatto che le notizie testimoniali scritte relative al primo organo della storia di cui siamo venuti a conoscenza riguardano quel famoso organo di Winchester, costruito nel 957 e che abbisognava di settanta uomini per azionarne i mantici e di due organisti che per suonarlo dovevano utilizzare pugni e gomiti, ecco che ci rendiamo subito conto che l'organaria inglese era all'avanguardia già ai suoi albori. Non erano organi molto grandi e, anzi, anche quando già sul continente europeo (specificatamente nella regione germanica) si realizzavano strumenti a tre e quattro tastiere (i famosi organi barocchi che sarebbero divenuti gli strumenti di Lubeck, Buxtehude e Bach), in Inghilterra gli strumenti avevano non più di due tastiere e mancavano di pedaliera; in compenso erano molto caratterizzati dal punto di vista timbrico.
Ma l'organo inglese dovette subire una brusca battuta d'arresto nella sua evoluzione a causa di tre Prelati, Thomas Cartwright, Walter Travers e William Perkins, che nel 1563, opponendosi ad alcuni canoni ecclesiastici, oltre a molte altre cose (tra cui anche l'uso del Segno della Croce), abolirono anche il suono dell'organo. Non staremo qui a ripercorrere le tappe dell'avvento, della caduta e della successiva riabilitazione del Puritanesimo in Inghilterra, che vide dapprima accese contrapposizioni ed accanite dispute politicho-religiose che culmineranno poi nella Guerra Civile del 1642, che avrà in Oliver Cromwell il suo più intransigente esponente (e che culminò nella decapitazione del re Carlo I nel 1649). Ci basterà ricordare che se nei primi decenni del Puritanesimo l'opposizione all'organo non fu troppo radicale, tanto che proprio in questo periodo Thomas Dallam, capostipite di una valente dinastia di organari, realizzò il suo organo più importante presso il King's College di Cambridge, con l'avvento di Cromwell e lo scoppio della Guerra Civile le sorti dell'organo inglese furono la distruzione e la dispersione. Allo stesso tempo, anche gli organari britannici si trovarono nella necessità di cambiare rapidamente aria, e questo fu il caso del figlio di Dallam, Robert, il quale, attraversata la Manica, dalla Gran Bretagna passò alla Bretagna (Francia) e lì si stabilì, realizzando organi a Quimper ed in altre importanti chiese. Nel 1660, con la Restaurazione, Robert Dallam ritornò in Inghilterra, ma in Francia, fino alla morte, rimase suo figlio, Thomas, che realizzò alcuni di quelli che oggi sono considerati tra i migliori organi storici francesi, quelli di Guimiliau, Ploujean ed Ergué-Gabéric, tutti oggi perfettamente restaurati e funzionanti.
La restaurazione inglese incoraggiò fortemente il ritorno in Gran Bretagna sia degli organari che erano fuggiti, sia l'ingresso di tutti gli organari europei che avessero voluto contribuire alla rifondazione di una scuola organaria di cui nulla più rimaneva. La conseguenza fu che soprattutto gli organari tedeschi approfittarono di questa occasione ed il primo di costoro fu Bernhardt Schmid, che vi si trasferì insieme ad alcuni nipoti e fondò una fabbrica organaria che ben presto divenne un forte punto di riferimento e dove si formarono quelli che in seguito diventeranno gli organari inglesi del Settecento. E fu proprio grazie a questi artigiani germanici che gli organi inglesi rinacquero con molte tastiere e la classica pedaliera estesa retta alla tedesca. Nei decenni successivi i nuovi organari inglesi dapprima recuperarono il tempo perduto e poi, evolvendo autonomamente le loro conoscenze tecnico-foniche, diedero il via ad una trasformazione dell'organo che, perdendo via via le caratteristiche "germaniche", assumerà una fisionomia diversa e sempre più precisa, che darà origine all'organo inglese moderno. Questo fu possibile anche grazie alla Rivoluzione Industriale, che diede nuova ed inimmaginabile linfa al perfezionamento della tecnica costruttiva degli organi e ad una ricerca spinta fino al limite di nuove possibilità e di nuovi dispositivi (tra i quali la famosa "leva Barker") che porteranno l'organaria britannica, durante l'Ottocento, a competere duramente e spesso vittoriosamente con quella germanica, affermando nel contempo la sua peculiarità timbrico-fonica del tutto differente dai canoni continentali. L'organo inglese dell'Ottocento (da cui deriva direttamente quello di oggi) si basa su di una particolare famiglia di registri di tipo "Principale" che vengono denominati "Diapason" e che presentano un timbro molto robusto e pieno che fa da base a tutti gli altri registri. E' da notare che con la denominazione di Diapason si definiscono anche i registri del Bordone e la differenza sta tutta nel prefisso: "Open Diapason" per i Principali e "Stopped Diapason" per i Bordoni. I grandiosi strumenti che possiamo ammirare ed ascoltare nelle cattedrali inglesi sono la testimonianza di queste particolari timbriche dell'organaria inglese, che offre tavolozze coloristiche di spiccata raffinatezza che passano da "pianissimo" al limite dell'udibilità a "tutti" di grandiosa solennità e solenne magniloquenza attraverso tutta una gamma di registri che spazia dalle mutazioni agli orchestrali, dalle ancie solistiche alle Bombarde ad altissima pressione e dalle Voci Celesti più delicate e suadenti fino alle "Festival Trumpets" più squillanti.
Sotto questo punto di vista, in effetti, la scuola organaria inglese moderna, pur presentando strumenti ricchi di mutazioni e di timbriche di derivazione classica, è quella che meno risente della cosidetta "Orgelbewegung". D'altra parte, come abbiamo visto, le sue radici sono state a suo tempo recise e si può dire che l'organo britannico è relativamente "giovane" e, soprattutto, ha avuto un'evoluzione del tutto differente rispetto alle altre realtà organarie europee continentali.
Tutto questo discorso vale anche per l'organo statunitense, ed in parte anche per quello canadese (che però risente nelle foniche di una spiccata influenza romantico-sinfonica francese). In questo caso, anche se la scuola organaria statunitense può vantare (come per tutto il resto, ovviamente) illustri padri europei, ben presto si è affrancata da queste radici per intraprendere una strada del tutto autonoma ma al tempo stesso saldamente ancorata all'organaria britannica, che era stata portata laggiù dai colonizzatori.
L'organo statunitense risulta, come tutta la cultura di quel Paese, un curioso miscuglio di stili diversi, tutti di importazione europea ma comunque tutti saldamente innestati in quella che può essere considerata la filosofia di base, a suo tempo impostata da due organari europei emigrati: il britannico Austin ed il danese Moller.
L'organo statunitense è quindi uno dei più giovani, nasce verso la metà dell'Ottocento e subito si avvia verso un'evoluzione di duplice tipo. Si può fare, a questo proposito, un discorso analogo a quello già fatto per l'organo inglese, con la differenza sostanziale che negli States lo sviluppo industriale, economico, tecnico e scientifico, soprattutto a cavallo tra l'Ottocento ed il Novecento, ha presentato una rapidità ed una ricchezza ed ampiezza d'orizzonti che non ha avuto eguali in nessun'altra parte del Mondo. E' ovvio che anche l'organaria ha beneficiato abbondantemente di questa situazione ed i risultati sono stati semplicemente strepitosi, consentendo la realizzazione di strumenti formidabili ed assolutamente innovativi, che non possono avere alcun paragone con gli organi realizzati nello stesso periodo qui in Europa. E' questo il periodo degli organi enormi ed "esagerati", che lasciavano stupefatti ed ammirati gli organisti europei che a quell'epoca si avventurano negli Stati Uniti e si ritrovano a dover mettere le mani su consolles di cinque, sei ed anche sette tastiere, azionati da trasmissioni elettriche sofisticatissime, con migliaia di registri di tutti i tipi e di tutti i generi, che superavano ogni più fervida (per quel tempo) immaginazione.
Questo non deve sorprenderci più di tanto, poichè, come abbiamo detto, l'organo statunitense ha percorso contemporaneamente due itinerari differenti ma affiancati, quello dell'organo da chiesa e quello dell'organo da teatro. Entrambi si fondano sulla filosofia dell'organo "orchestrale", che possa "sostituire" un'intera orchestra e che racchiuda in se anche tutte quelle possibilità timbriche che esulano dall'ambito organistico propriamente inteso. E' per questo motivo che gli organi da chiesa statunitensi non si differenziano molto da quelli da teatro, presentando abbondanti sezioni di registri violeggianti, coloristici, di assolo ed anche percussivi. Ed è sempre per questo motivo che la letteratura organistica statunitense si è ritagliata anch'essa un percorso che non prende le mosse da alcuna scuola del passato, ma si fonda su quello che gli strumenti consentono di eseguire: le trascrizioni orchestrali. In quest'ottica non ci stupiscono quindi più di tanto le trascrizioni bachiane di Virgil Fox (a nostro parere uno dei più grandi esponenti della musica organistica statunitense) alla consolle del grandioso organo della Riverside Church di New York, con tanto di arpa, campane ed altre amenità, interpretazioni che non si discostano da quelle che settimanalmente, ad esempio, l'organista municipale di San Diego, Carol Williams, propone al pubblico alla consolle dell'organo del Balboa Park, oppure a quelle che Peter Conte quotidianamente offre dalle sei tastiere dell'organo del Macy's Store (ex Wanamaker) di Philadelphia.
Ovviamente anche qui negli ultimi decenni l'aria sta cambiando e si stanno "scoprendo" gli organi antichi europei. Abbiamo parlato di "scoperta" e non di rivalutazione o di riscoperta, perchè una scuola organaria che può vantare non più di centocinquanta anni di vita non si può permettere questi lussi, ma li può assimilare come vere e proprie novità. In pratica, se per noi del Vecchio Mondo gli organi barocchi ed i positivi del settecento sono un ritorno al passato, per gli organisti e gli organari del Nuovo Mondo rappresentano, in un certo qual modo, il futuro. E questa "evoluzione", che è stata dapprima avviata da quegli organisti statunitensi che erano venuti in Europa per perfezionarsi e che avevano riportato in patria il ricordo degli antichi organi europei, si è concretizzata dapprima nella costruzione di nuovi strumenti in puro stile "orgelbewegung" da parte di organari europei, per lo più tedeschi, ed in seguito dalla formazione di una nuova generazione di organari statunitensi che, assimilata la lezione mediante stages e periodi di apprendistato presso le maggiori case organarie europee, oggi stanno sfornando organi barocchi in stile tedesco, strumenti classici di impostazione francese e positivi italiani ad un ritmo impressionante, incalzati da una richiesta che si fa sempre più qualificata ed esigente.
Ma questo non deve ingannare. Non si tratta di una inversione di tendenza ma, come per tutte le cose di quel grande Paese, di un ulteriore arricchimento. In effetti le chiese che si dotano di questi strumenti ben si guardano dal sostituire gli organi "orchestrali" che già possiedono, ma -semplicemente- li affiancano ad essi, diversificando le possibilità interpretative e musicali. E' sempre più "normale", pertanto, trovare nella stessa chiesa diversi strumenti come, ad esempio, nella St. Thomas Church della Fifth Avenue di New York, dove troviamo un mastodontico cinque tastiere "orchestrale-sinfonico" costruito da Skinner nel 1913 a cui si "contrappone" un organo completamente meccanico a due tastiere con foniche squisitamente germaniche barocche e temperamento Kellner realizzato da Taylor & Boody nel 1995.
E' pertanto abbastanza curioso constatare che il futuro dell'organo statunitense, che a causa della sua giovinezza dovrebbe presentare prospettive del tutto differenti da quelle dell'organo europeo, paradossalmente si sta orientando nella stessa direzione, senza peraltro rinnegare alcunchè della sua giovane storia, che rimane sempre ben presente. Ma questo è uno solo dei tanti apparenti paradossi che questo Paese ci offre e continuerà ad offrirci.